Nuovi approcci di cura con elevata efficacia e maggiore durata nella degenerazione maculare senile
Conoscendo la evoluzione naturale della degenerazione maculare, soprattutto nella sua forma essudativa (nAMD), si può dire che da sempre si cercano prospettive di cura che possano consentire al paziente un rallentamento o un miglioramento della acuità visiva di una patologia che, come ben conosciamo, ha un impatto devastante sui pazienti e sulle loro famiglie.
Per anni abbiamo utilizzato il laser cercando di migliorarne la qualità e quindi l’efficacia passando dal classico blu/verde al giallo, poi al krypton attraverso il dye laser a variazione modulabile. Una quantità enorme di studi ha cercato di comprendere i meccanismi di cura considerando la diversa efficacia del laser a secondo della sede della lesione neova- scolare sino al tipo di lesione in causa.
Purtroppo, al termine di tutti gli studi era pre- sente una perdita progressiva del visus denotan- do come la terapia laser, pur se efficace in alcuni casi, in tutti gli altri rallentava di poco tempo l’evoluzione comunque drammatica della malattia.
Considerando, inoltre, che tutte le lesioni neova- scolari foveali, la maggioranza, non poteva essere trattata, ben si comprende come la successiva terapia utilizzata, la terapia fotodinamica, aprisse scenari e speranze diverse. Finalmente si potevano trattare le CNV foveali, ma i risultati a lungo termine erano sconfortanti e i costi molto alti.
Il reale salto di qualità si è avuto nel 2005 con l’avvento degli anti-VEFG che ancora oggi rappresentano lo standard di cura, iniezioni intravitreali di inibitori del fattore di crescita endoteliale vascolare (VEGF) che hanno ridotto significativamente la perdita della vista, ma con associato un alto onere terapeutico e economico.
La soppressione costante del VEGF è necessaria per una durata ottimale dei risultati visivi ma, con gli attuali standard di cura, sono necessarie frequenti inie- zioni oculari per ottenere e mantenere risultati visivi ottimali. Purtroppo, la compliance del paziente è spesso bassa per via di molti fattori, che abbiamo già analizzato in precedenza, ed è ulteriormente peggiorata negli ultimi anni dai timori del Covid e per le problematiche relative ad effettuare gli esami diagnostici prescritti e all’accesso agli ospedali in difficoltà nel mantenere costante l’af- flusso alle sale operatorie.
Alla fine, questi problemi si traducono in un trattamento insufficiente della nAMD e, quindi, in risultati non ottimali. Infatti, circa il 20% dei pazienti ha una importante perdita della vista e circa la metà ha visus inferiore ai 4/10.
Numeri con trend ulteriormente in negativo quando i trattamenti sono sottodimensionati rispetto agli standard di cura.
Per questo motivo, negli ultimi anni si stanno cercando e sviluppando nuovi approcci di cura con elevata efficacia e maggiore durata, magari ad “erogazione continua” per fornire miglioramenti a lungo termine nella visione, ridurre l’onere di trattamento per le persone affette da nAMD e migliorare la compliance dei pazienti.
Per approfondire l'argomento leggi il PDF con l'articolo completo del dott. Alfredo Pece.